Lo hanno chiamato “ius soli sportivo” e non è certo la riforma della cittadinanza attesa da un milione di figli degli immigrati. È però un piccolo passo per dire che i bambini sono tutti uguali, cominciando dai campi di calcio e dalle piste di atletica. Oggi il Senato ha approvato definitivamente con i voti le forze politiche, Lega Nord esclusa, le “Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva”. Una legge che pone fine a una discriminazione contro tanti giovani atleti che per la legge non sono italiani, anche se crescono nel nostro Paese. Finora, molti di questi ragazzi non potevano accedere all’attività agonistica, perché gli statuti di diverse federazioni prevedono per il tesseramento la cittadinanza italiana. Questa limitazione non solo ha bloccato la carriera di giovani talenti, con una perdita per il nostro sport, ma ha impedito anche che lo sport diventasse a pieno uno strumento di integrazione, con una perdita per tutta l’Italia. La legge approvata oggi cambia le regole, con un solo articolo. Dice che “i minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o alle discipline associate o presso associazioni ed enti di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”.