Un tronco d’albero nello stagno non diventerà mai un caimano! (Proverbio africano)
L’ex ministra contro i colleghi che hanno votato per l’insindacabilità: “Abbandonata”. Con lei la responsabile immigrazione Campana: « Politica non inciti al razzismo« .
« Sono stata sorpresa. Poi triste. Non è compito del Senato assolvere Calderoli. È come se quell’insulto fosse stato fatto a un paese intero per la seconda volta« . Cécile Kyenge commenta così la decisione della giunta per le immunità di Palazzo Madama di salvare Roberto Calderoli dal processo per il famigerato paragone tra l’allora ministra per l’integrazione e una scimmia. Secondo la maggioranza dei senatori le parole del leghista sono “insindacabili”, perché « espresse nell’esercizio delle sue funzioni”.
Un giudizio condiviso anche dai senatori del Pd Claudio Moscardelli e Giuseppe Cucca, che prima del voto hanno difeso Calderoli. Come? Tirando in ballo il “contesto politico nel quale le frasi in questione sono state pronunciate” e il fatto che nella Lega Nord militino anche “persone di colore” o sostenendo “che spesso nella satira si paragonano persone ad animali”.
“La satira dileggia i potenti e consola i più deboli. Il razzismo di un potente non è satira” ha scritto Kyenge sulla sua pagina Facebook, con un evidente riferimento ai suoi colleghi di partito. Poi su Repubblica ha rincarato la dose: « Evidentemente quest’argomento è mal conosciuto da parte di tanti. Se poi l’abbiano fatto con calcoli elettorali troverei la cosa ancora più grave« .
L’europarlamentare dice di sentirsi abbandonata, “anche dal Pd, ma è una questione trasversale, mi aspettavo di più da tutti. Le persone hanno paura, cercano un colpevole, e il colpevole perfetto diventa quello che ti stanno offrendo. Molti partiti fanno coscientemente quest’operazione per dividere la società. Mi rammarica la mancanza di coraggio della classe politica e delle istituzioni« .
A Kyenge arriva però la solidarietà di Micaela Campana, deputata e responsabile immigrazione del Partito Democratico, evidentemente in linea con le senatrici pd Doris Lo Moro e Stefania Pezzopane, che mercoledì scorso hanno votato per far processare Calderoli.
« La decisione della giunta » – dice Campana – « ci deve far riflettere sulla caduta del linguaggio politico, che spesso travalica i limiti della diffamazione giungendo all’istigazione alla violenza e addirittura all’incitamento all’odio razziale. Quello che è successo al Senato non è stato un semplice passaggio procedurale nei confronti di un senatore, ma una scelta culturale, tant’è che alcuni deputati del Pd hanno votato a favore dell’autorizzazione a procedere« .
Secondo la responsabile immigrazione del Pd, “non può esserci un nesso funzionale tra l’offesa tout court e le opinioni politico parlamentari. Ancora di più da un vicepresidente del Senato è doveroso attendersi rigore morale e la capacità di argomentare in modo civile le critiche nei confronti degli avversari politici. La politica deve tornare ad una forma dialettica, in cui le posizioni vanno espresse nell’ambito del dettato costituzionale e del rispetto dovuto ad ogni persona”.
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