Primo direttore sportivo africano in Italia!
L’ex ct punta il dito sui troppi neri nei settori giovanili. E Malu Mpasinkatu, primo ds di origine africana diplomato in Italia, gli risponde: «È ora di finirla».
Una frase così, da uno come Arrigo Sacchi, proprio non se l’aspettava. Malu Mpasinkatu è cresciuto a Mondovì, ma il suo nome e la sua pelle nera tradiscono le sue radici congolesi. In Italia si è fatto apprezzare come esperto di calcio africano, opinionista in tivù per Sky e primo uomo di origine africana a prendere il patentino di direttore sportivo.
«Voglio essere chiaro, una volta per tutte, basta con ‘sta storia del colore». Così Malu ha iniziato la sua conversazione con Lettera43.it, commentando le parole dell’ex commissario tecnico azzurro Sacchi, che ha denunciato l’eccessiva presenza di giocatori neri nei settori giovanili italiani. «Nel calcio gioca chi merita, che sia nero, con gli occhi a mandorla, slavo».
L’uscita di Sacchi non le è piaciuta, insomma.
No, per niente. L’ho trovata di cattivo gusto. E mi indigna ancora di più se arriva da una persona come lui. Anche se è Sacchi, ed è un grande, stavolta bisogna dirgli che ha detto una cazzata.
C’è da dire che Sacchi ha chiarito più tardi di non essere razzista. Ha ricordato di aver fatto giocare Gullit e Rijkaard.
A me non interessa se è razzista o meno e non voglio entrare in questo discorso. Spero per lui non lo sia. Il punto è che una frase così, detta da uno nella sua posizione, è fuori luogo e l’avrà capito anche lui.
Perché?
Perché alimenta polemiche inutili su un tema sensibile.
Sacchi non è il primo a fare questa obiezione però.
Sì, ma se avesse detto che nelle giovanili ci sono troppi stranieri l’avrei accettato. Se ne poteva parlare, avremmo aperto un dibattito. Ma lui ha detto “neri”.
E sono sempre più numerosi i neri italiani…
Esatto. Balotelli, Okaka, Ogbonna, lo stesso Gomis che è uno dei portieri più forti della B e potrebbe giocare per la Nazionale perché ha passaporto italiano. El Shaarawy, di origine africana anche lui.
Il calcio e il Paese stanno cambiando?
Certamente. Ma Sacchi appartiene a un’altra epoca. Oggi le squadre sono fatte così, sono multietniche e multinazionali. Nessuno all’estero fa questi discorsi.
Forse perché all’estero non è così forte la crisi dei settori giovanili.
Ma quello è un discorso generazionale. Parliamoci chiaro: in Italia abbiamo dei buoni giovani, non dei fenomeni che ci invidiano in tutta Europa. E poi, a dirla tutta, al Viareggio la differenza l’ha fatta Bonazzoli, che è italiano.
E l’alta percentuali di stranieri non incide?
Non è che se ci sono più stranieri il talento vero italiano non emerge. La verità è che se guardiamo il taccuino di un direttore sportivo europeo ci troviamo 5 under 17 francesi, 5 tedeschi, 5 belgi. Italiani? Massimo uno o due. Non è la generazione dei Del Piero, Inzaghi, Vieri, Nesta e Totti.
Tutto qua?
Guardi, io sono pure favorevole a mettere dei limiti: un numero minimo di italiani nelle giovanili, un numero massimo di stranieri. Basta che si parli di stranieri, non di “neri”.
E i club cosa ne penserebbero?
Ecco, questo è il punto. Se io sono il direttore sportivo di un club, faccio gli interessi di un club, e se trovo un giovane macedone che tra qualche anno posso vendere all’estero facendo una grossa plusvalenza lo prendo. Noi vogliamo sempre esaltare il prodotto italiano, ed è giusto. Ma quel prodotto deve essere buono.
