Fine di 270 giorni d’incubo.
È finito l’incubo di Rossella Urru, la cooperante italiana sequestrata lo scorso ottobre in Algeria insieme a due colleghi spagnoli (Ainhoa Fernández del Rincón ed Enric Gonyalons), è stata liberata in Mali.
Rossella Urru sta bene: da Timbuctù, dove è stata consegnata nelle mani dei mediatori, è stata trasferita nel Burkina Faso insieme ai due colleghi spagnoli, è diretta in Italia, dove il suo paese Samugheo (Oristano) si prepara a riabbracciarla.
Le condizioni per il rilascio erano la liberazione di tre prigionieri islamisti, «detenuti da un paese islamico» e il pagamento di un riscatto di 30 milioni chiesti, per la liberazione di Rossella Urru e Ainhoa Fernandez de Rincon,dal MUJAO (Movimento Unificato per la Jihad in Africa Occidentale). Nella trattativa non era stato fatto entrare il nome di Gonyalons, perchè il MUJAO voleva usare la sua minacciata eliminazione come leva nei confronti del governo di Madrid per ammorbidirne l’intransigenza.
La svolta sarebbe stata il rilascio di Mamne Ould Oufkir, arrestato lo scorso 4 dicembre in Mauritania perché sospettato di essere coinvolto nel sequestro dei tre. Il suo nome figurava nella lista dei detenuti salafiti da liberare in cambio della cooperante italiana, avanzata dal Mujao.
Rossella Urru, 29 anni, impegnata presso il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, era stata rapita in un campi di rifugiati sarahui a Rabuni, vicino a Tindouf, in Algeria. Già altre volte si era sparsa la voce di una sua imminente liberazione, ma le voci si erano rivelate infondate. Ieri, dopo 270 giorni, il lieto fine a una vicenda che ha tenuto tutta Italia col fiato sospeso.
Quanto sta accadendo dà la netta impressione che, nell’alleanza islamica del nord del Mali, i gruppi che ne fanno parte abbiano ormai compiti ben precisi: Aqmi incarna l’ala militare; Ansar Dine impone la sharia nelle regioni ‘liberatè; il Mujao gestisce i sequestri.